venerdì 17 settembre 2010

Animula...


         "Une partie de chaque vie, et même de chaque vie fort peu digne de regarde, se passe à rechercher les raison d'étre, les points de départ, les sources. 
C'est mon impuissance à les dècouvrir qui me fit parfois pencher vers les explications magique, chercher dans les dèlires de l'occulte ce que le sens communme ne me donnait pas.  
    Quand tous les calculs compliqués s'avèrent faux, quand les philosophes eu-mêmes n'ont plus rien à nous dire, il est excusable de se tourner vers le babillage fortuit des oiseaux, ou vers le lointain contrepoids des astres" 
                                      Marguerite Yourcenaur, Mémoires d'Hadrien, ed Gallimar 1974

martedì 14 settembre 2010

Biografia del Cosmo

" L'apparire del soggetto introduce una discontinuità non soltanto unica, ma anche del tutto originale nell'evoluzione dell'Universo. una esatta singolarità, la probabilità della quale è, tra tutti gli eventi cosmici, la più vicina a zero; avvenimento, dunque,del tutto improbabile, a priori pressoché escluso, che si è prodotto in un piccolo angolo oscuro della superficie terrestre e, malgrado ciò, si tratta di una singolarità di genere catastrofico, una rottura ontologica che ha fatto crollare un attimo il modo d'essere e, conseguentemente, la storia del Cosmo. Dotata di coscienza di sé, la storia del Cosmo, ormai, si trasformerà in una biografia del suo soggetto" 
(Imre Toth, "La filosofia e il suo luogo nello spazio della spiritualità occidentale" , incipit Bollati Boringhieri ed. )

domenica 12 settembre 2010

luce


“La luce è un’illusione, sia l’esteriore,  che ogni crepuscolo ci toglie in un bagliore rossastro, sia l’interiore che disegna le immagini del sogno e della meditazione profonda della mente. Ma se si accetta la tenebra totale e ci si immerge in essa, si vedrà finalmente la sua luce nella fonte della vita, dice l’immaginoso Persiano. In parole diverse ripetono unanami  questa sequela gli sciamani, i sapienti indù e i maestri platonici”  Elèmire Zolla

mercoledì 8 settembre 2010

Il diluvio


  

     "La condizione del malato insonne, restare svegli di notte in una camera buia, diventa la condizione dello scrittore, che non ha più a sorreggerlo la realtà ma il pensiero e la coscienza del proprio passato, la sua memoria. Come un vecchissimo Noè, deve a quella notte che si è aperta in lui, se può continuare a vivere, cioè a pensare, se può aspirare a gettarsi anima e corpo a scrivere, come addentrandosi in una specie di allegoria del diluvio. L'incertezza della sua posizione (cesserà un giorno o l'altro quel diluvio sulla terra? potrà egli vivere e ritornare sano come un tempo?) lo mette in allarme, a contatto fisico con la morte, che s'insedia definitivamente in lui, al modo di un amore. E l'idea dell'opera in perpetuo divenire, l'organizzazione stessa della sua memoria, sono poste in continuo pericolo da quella morte. E' ancora in tempo? si domanda. E' forse troppo tardi?"
( G. Macchia, "L'allegoria del diluvio", in "Alla Ricerca del tempo perduto", M. Proust, ed Einaudi 1978

martedì 31 agosto 2010

Odradek

LA PREOCCUPAZIONE DEL PADRE DI FAMIGLIA

        Gli uni dicono che la parola Odradek derivi dallo slavo e cercano in questo modo di rintracciare la formazione della parola. Altri invece pensano che derivi dal tedesco, e sia soltanto influenzata dallo slavo. L'incertezza di questi due pareri però lascia forse concludere a ragione che nessuno dei due sia giusto, soprattutto che con nessuno dei due si riesca a trovare un significato della parola. 

        Naturalmente nessuno si occuperebbe di simili studi, se non ci fosse davvero un essere che si chiama Odradek. Sulle prime ha l'aspetto d'un rocchetto di spago piatto a forma di stella, e infatti sembra anche che sia rivestito di spago; certo devono essere soltanto pezzi di spago strappati, vecchi, annodati insieme, o anche pezzi di spago di colore e specie diversissimi messi insieme. Non è poi soltanto un rocchetto, ma dal centro della stella sporge un bastoncino di traverso e a questo bastoncino se ne unisce ad angolo retto un altro. Con l'aiuto di questo ultimo bastoncino da una parte e di una delle irradiazioni della stella dall'altra l'insieme può camminare diritto come sopra due gambe. 
      Si sarebbe tentati di credere che questa formazione avesse avuto in passato una qualche forma razionale e che ora sia semplicemente rotta. Ma non sembra sia così; almeno non si trova nessun segno di questo; in nessun punto si vedono aggiunte o rotture che accennerebbero a qualcosa di simile; l'insieme appare, sì, privo di significato, ma nel suo genere chiuso in se. Non è possibile parlame in modo più particolareggiato, perche Odradek è straordinariamente mobile e impossibile ad acchiapparsi. 
      Si trattiene alternativamente nelle soffitte, sulle scale, nei corridoi, al pianterreno. A volte per mesi e mesi non si vede affatto; allora probabilmente si è trasferito in altre case; ma poi torna immancabilmente in casa nostra. A volte, quando si esce dalla porta proprio mentre egli si appoggia alla ringhiera della scala, vien voglia di rivolgergli la parola. Naturalmente non gli si pone nessuna domanda difficile, invece lo si tratta, già la sua minuscola statura ci induce a farlo, come un bambino. «E come ti chiami? » gli si domanda. « Odradek », egli dice. «E dove abiti?» «Senza fissa dimora », dice e ride; però è soltanto una risata come si può fare senza polmoni. Suona press'a poco come un fruscio di foglie cadute. Con questo la conversazione per lo più è terminata. Del resto nemmeno queste risposte si possono sempre ottenere; spesso resta muto a lungo, come la legna cui assomiglia.
        Invano mi domando che cosa sarà di lui. È sottoposto a morire? Tutto ciò che muore, prima ha avuto una specie di mèta, una specie di attività, e in essa si è consumato; nel caso di Odradek questo non si avvera. È dunque destinato magari a srotolarsi giù per le scale davanti ai piedi dei miei figli e dei loro figli trascinando dello spago dietro di sé? È palese che non nuoce a nessuno; però l'idea che debba ancora sopravvivere anche a me, mi è quasi dolorosa.
                                               Franz Kafka, I racconti, Milano Longanesi &C., 1965, edizione pocket, traduzione di Henry Furst